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Alysse

Con la sentenza del Tribunale di Roma avente n. 5322/2016, a causa di un vuoto normativo, il Giudice del suddetto tribunale, equipara l’affido del cane, attraverso l’analogia, con  le norme previste per i figli minori in caso di separazione.

Il caso de quo ha ad oggetto una donna che cita in giudizio il suo ex compagno perché da tre anni non vede Spilla, l’amica a quattro zampe che ha adottato quando conviveva con l’uomo e che ha trascritto a suo nome all’anagrafe canina.

Dopo tre anni l’amore tra i due conviventi finisce e Spilla rimane con lei, che pure consente all’ex compagno di tenerla con sè a periodi alterni.

Ad un certo punto però lui “rapisce” il cane con la scusa di tenerlo con sè nel fine settimana presso la casa in campagna.

Da quel momento Spilla non viene più restituita alla donna, che non vedrà il cane per almeno tre anni.

Con atto di citazione l’attrice chiedeva un risarcimento danni di € 15.000,00 per la sottrazione del cane.

Si costituiva l’ex  compagno chiedendo altrettanti € 15.000,00 per le spese sostenute.

Le due domande non troveranno accoglimento, ma ciò che rileva in tale pronuncia è che il giudice applica per analogia la disciplina prevista per i minori anche se la coppia non è sposata.

Il tutto è consentito da una parte dal vuoto normativo in materia e dall’altro dall’assimilazione dei rapporti more uxorio al matrimonio, che emerge sia dalla giurisprudenza a e sia dalla ora vigente legge Cirinnà n. 76/2016.

Il giudice in assenza di normative sul punto, sottolinea come nel nostro ordinamento manchi una norma di riferimento che disciplini l’affidamento di un animale domestico in caso di separazione dei coniugi  o dei conviventi.

Come spesso accade il legislatore è in ritardo rispetto al mutamento del costume e delle problematiche sociali (basti pensare che solo nel 2012 ha equiparato completamente lo status di figlio naturale  a quello di figlio legittimo  e che il riconoscimento giuridico dell’unione tra persone dello stesso sesso è avvenuta solo pochi mesi fa con la legge n. 76/2016.

Sempre più frequenti però, sono i casi in cui i coniugi, o comunque, persone che in regime di convivenza hanno posseduto un animale domestico, si rivolgono al giudice, costretto a creare un principio giuridico, per il suo affidamento.

Sul punto vi sono due pronunce significative : una del Tribunale di Foggia che, in una causa di separazione, ha affidato il cane ad uno dei coniugi, concedendo all’altro il diritto di visita per alcune ore determinate nel corso della giornata; l’altra del Tribunale di Cremona che, sempre in una causa di separazione , ha disposto l’affido condiviso del cane con obbligo di suddivisione al 50%delle spese per il suo mantenimento .

I due Tribunali , in assenza di una norma di riferimento , hanno applicato per analogia, la disciplina riservata ai figli minori.

L’interesse privilegiato dalle due pronunce, è stato esclusivamente quello materiale-spirituale- affettivo dell’animale.

Il giudice del Tribunale di Roma con la sentenza n. 5322/2016 ha aderito a tale orientamento che non fa altro che anticipare l’auspicabile approvazione ed entrata in vigore di una proposta di legge che “giace” in parlamento da molti anni, con cui si vorrebbe introdurre nel codice civile l’art. 455 ter (affido degli animali familiari in caso di separazione dei coniugi) che recita :

In caso di separazione dei coniugi, proprietari di un animale familiare, il Tribunale, in mancanza di un accordo tra le parti, a prescindere dal regime di separazione o di comunione dei bene e a quanto risultante dai documenti anagrafici dell’animale , sentiti i coniugi, conviventi, la prole, e, se del caso , esperti di comportamento animale, attribuisce l’affido esclusivo o condiviso dell’animale alla parte in grado di garantire il maggior benessere.

Il Tribunale è competente a decidere in merito all’affido di cui al presente comma anche in caso di cessazione more uxorio”.

Si è ritenuto peraltro nel caso di specie,  che,  l’affidamento condiviso sia applicabile anche se le parti non erano sposate, a differenza delle altre pronunce richiamate.

La proposta di legge indicata, infatti, estende la competenza del Tribunale a decidere dell’affido dell’animale anche alla cessazione della convivenza more uxorio, in quanto l’orientamento giurisprudenziale tende sempre di più ad equiparare la famiglia di fatto a quella fondata sul matrimonio.

Ciò che comunque più rileva è che, dal punto di vista del cane, che è l’unico che conta ai fini della tutela del suo interesse, non ha assolutamente alcuna importanza se le parti siano sposate o meno, giacchè il suo legame ed il suo affetto per entrambe prescinde assolutamente dal regime  giuridico che le legava, così come del resto lo è anche per i bambini, che pure la differenza percepiscono, nei confronti dei genitori.